Abstract: La storia del cibo e dell’alimentazione, così strettamente legate alla storia dell’agricoltura, della produzione, del consumo e del gusto, possono restituirci un quadro complessivo della storia continentale europea nel lungo periodo? Questo laboratorio è costruito per proporre una risposta convincente, fra le numerose possibili, al quesito iniziale per mostrare come la storia dell’alimentazione riesca, quando affrontata in un quadro complesso, e in continuità con la word history, a essere una lente di straordinaria suggestione e ricchezza per ricostruire una storia d’Europa stimolante per gli studenti.

Introduzione 

Oggetto del laboratorio 

Finalità del laboratorio: porre le basi di una conoscenza storica (utile per la comprensione dell’Europa contemporanea) capace di manipolare diverse tipologie di fonti (documentarie, iconografiche, multimediali) in contesti molto differenti (di storia economica, storia agricola, storia dei riti e delle tradizioni, storia industriale, storia dei consumi). La scelta, del tema, solo apparentemente leggero, aiuta gli studenti a lavorare in un’ottica di word history, senza la necessità di introdurre teoricamente alcun concetto che non sia strettamente legato al contesto di studio e di approfondimento.

Classi coinvolte: si tratta di una scelta tematica pensata per accompagnare gli studenti della scuola secondaria di secondo grado nell’intero percorso di studio: dalla storia antica alla contemporaneità. La soluzione più efficace potrebbe essere quella di lavorare ogni anno a un breve approfondimento tematico, da affiancare al tema che di volta in volta, risulterà in continuità con l’approfondimento. Per l’inizio della storia moderna, ad esempio, potrà essere utile approfondire lo scambio colombiano, così da spiegare con efficacia la trasformazione culturale del continente europeo dopo il 1492.

Durata: 4-6 ore di laboratorio per ogni anno di corso (dalle 20 alle 30 ore complessive nel corso dei cinque anni di corso).

Prerequisiti: 

Obiettivi: acquisire competenze relative a:
decodificare, analizzare e distinguere diverse tipologie di fonte e di testi;
ricavare informazioni da ogni tipologia di fonte e di testi;
individuare elementi comuni e parole chiave;
procedere per confronto, per analogia e differenza, ricavare modelli e interpretazioni;
comporre dati e informazioni, attraverso chiavi di lettura, temporali, spaziali, sociali, culturali;
costruire linee del tempo, riconoscere l’ordine temporale della narrazione;
acquisire strumenti lessicali e concettuali propri della disciplina storica e utilizzarli in maniera corretta;
ascoltare, capire e seguire le argomentazioni dell’altro;
utilizzare intenzionalmente un lessico specifico per una sintesi espositiva.

Metodologia e articolazione dell’attività

L’attività di laboratorio si svolge nella classe, strutturata in gruppi di lavoro, e prevede le seguenti operazioni:
1. selezionare da un archivio simulato costruito ad hoc alcuni documenti sulla base dei temi suggeriti;
2. interrogare i documenti a seconda della loro diversa tipologia (critica della fonte, ricerca di indizi, ecc…);
3. elaborare una sintesi delle informazioni raccolte a partire dall’intreccio dei documenti inseriti nel laboratorio;
4. mettere a confronto i risultati di ciascun gruppo di lavoro, sulle diverse informazioni-rappresentazioni che l’analisi delle fonti ha restituito. Lavoro che è da intendersi come preliminare alla produzione di un testo storico (scritto, orale, visivo, ecc…)

 

Europa. Cibo. Immagini

L’Antichità classica 

Senza titolo

Immagine 1. Il sacrificio olimpico cruento (vaso d’età ellenistica)

Senza titolo 1

Immagine 2. Il sacrificio olimpico cruento (vaso d’età ellenistica)

confarreatio

Immagine 3. Il matrimonio romano antico e rituale. La confarreatio (bassorilievo di epoca repubblicana)

Nella logica di ricostruire alcune strutture del quotidiano dell’antichità europea può essere utile partire dalla storia greca e romana e osservare alcuni riti che contemplano una relazione precisa con il cibo e l’alimentazione.

L’immagine 1 e 2 illustrano il cosiddetto sacrificio olimpico cruento, praticato già in Grecia e poi diffusissimo anche a Roma.

Si trattava di un sacrificio animale – il più significativo era quello del bue aratore – praticato come rito sociale e di condivisione in occasione di alcune specifiche date del calendario agrario

19 aprile le feste in onore di Cerere (Cerialia)

21 agosto (immagazzinamento del grano)

15 dicembre dopo la semina (attenzione creare linea del tempo)

Cibarsi di carne e sacrificare un animale era considerato, da parte di popolazioni che possono definirsi prevalentemente agricole e vegetariane, possibile solo in occasione di festività che erano strettamente correlate alla necessità di conservare la benevolenza degli dei dei raccolti.

Si trattava di una società in cui il consumo di carne era raro e non sempre lecito perché considerato dannoso (il bue aratore era molto più utile come animale di fatica, gli ovini erano importanti per il latte o per la lana).

Altro, però, era cibarsene in un rito sociale e di condivisione che celebrava la ricchezza della società. Il banchetto di condivisione poteva essere aperto a tutti o prevedere degli esclusi e poteva avere turni di distribuzione. Assieme alla carne veniva servito vino e acqua, miele, focacce di cereali, formaggi, olio.

Il sacerdote si occupava personalmente del sacrificio ed era il solo a ricevere la pelle dell’animale (merce rara e destinata alla vendita come pellame); poi procedeva alla distribuzione per ordine gerarchico: delle parti migliori ai cittadini più potenti e in vista, delle parti di scarto (interiora) al popolo.

A Roma la singola parte spettante di animale era chiamata merenda (dal latino meteor: meritare). Sempre a Roma l’animale, prima di essere ucciso, doveva essere cosparso di “mola salsa”, pappa di farina di farro mescolata a sale, preparata dalle Vestali. Solo dopo questa operazione l’uccisione dell’animale poteva considerarsi sacralizzata e la bestia era davvero pronta per essere immolata agli dei.

A proposito del farro, proprio questo cereale stabilisce un legame coerente fra  le prime due immagini e la terza. Il farro, molto diffuso in età regia e repubblicana, rappresentava la coltura tradizionale e simbolica per eccellenza (non a caso il termine farina deriva etimologicamente dal termine latino farreus).

Il pane di farro (panis farreus) era l’alimento scambiato dagli sposi patrizi nella cerimonia della Confarreatio (figura 3), rito religioso matrimoniale che simboleggiava la condivisione dei beni dei due contraenti. Alla conclusione del rito, il pane veniva donato a Giove Farreo.